Perché l’ecografia di 2° livello

L’endometriosi è una malattia recidivante cronica, progressiva, invalidante ad oggi ancora incurabile, che colpisce il 10% circa delle donne in età fertile, di cui il 15-17 % ne soffre a livello asintomatico. L’endometrio è la mucosa che normalmente ricopre la parete interna dell’utero e solo questa è la sua sede naturale. Nell’endometriosi questa mucosa può essere presente invece in distretti anatomici nel corpo femminile. Questa presenza “anomala” risponde agli stimoli ormonali come la mucosa normale che risiede all’interno dell’utero e pertanto “mestrua” dove non dovrebbe. Ciò provoca sanguinamenti interni, infiammazioni croniche, tessuto cicatriziale, aderenze e infertilità. 

Le localizzazioni esterne alla cavità possono essere le ovaie, le tube, il peritoneo, la vagina, l’intestino, il retto, i reni, gli ureteri, la vescica, i polmoni, nervi ed i legamenti di sostegno (in alcuni casi con la compromissione degli stessi). 

L’aspetto patologico più preoccupante è il suo un andamento progressivo che andrebbe riconosciuto in tempi più brevi. Infatti la diagnosi spesso la diagnosi è tardiva ed che oscilla dai 5 ai 9 anni, in quanto la patologia inizialmente è silente e imprevedibile con sintomi diversi da donna a donna. Poiché può colpire diversi distretti anatomici, diversa sarà la manifestazione clinica della malattia che può riguardare l’apparato genitale femminile (ovaie, tube ma anche utero nella sua parete interna ed in tal caso si parla di “adenomiosi”) con conseguente possibile difficoltà a procreare, ma anche ulteriori distretti come l’intestino o le vie urinarie con conseguenti alterazioni della loro funzionalità, compromesse anche pesantemente negli stadi avanzati di patologia. Trattandosi di una condizione cronica e progressiva, l’endometriosi richiede una gestione prolungata della malattia le cui ricadute di tipo economico gravano non poco sul Sistema Sanitario Nazionale che deve fare fronte alle richieste non solo in termini di sostegno e compartecipazione ai costi che la paziente deve sostenere, ma anche di abbattimento delle liste di attesa al fine di raggiungere precocemente alla diagnosi, e a un trattamento adeguato e personalizzato che accompagni la donna nell’intero percorso.

Infatti, trattandosi di una condizione cronica e progressiva, l’endometriosi richiede una gestione prolungata della malattia, ed è pertanto importante considerare nella sua scelta le caratteristiche e le esigenze di ogni singola paziente, il profilo di tollerabilità e sicurezza nel lungo termine, oltre alla sua efficacia clinica. Nella scelta del trattamento si deve tenere in considerazione altresì l’età della donna e il relativo potenziale di fertilità.

L’endometriosi profonda è la forma più severa di malattia. Si definisce “profonda” quando le isole di endometrio ectopico iniziano a invadere “profondamente” ed in modo viariabile le strutture che ne sono ricoperte. Tale condizione può causare un dolore molto intenso e invalidante nella quotidianità, con notevole compromissione della qualità di vita. I sintomi riferiti sono generalmente: dismenorrea, dischezia, dispareunia, dolore pelvico cronico, sanguinamento rettale, gonfiore, diarrea, cistiti ricorrenti anche con sanguinamenti. Risulta pertanto fondamentale non sottovalutare i sintomi iniziali, quando la patologia comincia a manifestarsi, per abbattere il ritardo diagnostico che inevitabilmente porta al riconoscimento della patologia quando ormai lo stadio è già avanzato. Il personale di assistenza a cui la donna si rivolge deve saper ascoltare ed essere in grado di sospettare la patologia e indirizzare la paziente alle prime indagini e cure.

Tutto questo è emerso nel webinar del  22.03.2021-10.00 – Il 5 marzo 2021, la presidente dr.ssa Sonia Manente dell’Associazione Endometriosi Fvg Odv, ha organizzato e condotto con la collaborazione di Sara Grubissa, un importante incontro online “Per una diagnosi precoce. Perché l’ecografia di II° livello?”.

Moderatore il Prof. Ricci, Direttore della clinica Ostetrica e Ginecologia dell’Università di Trieste (IRRCS Burlo Garofalo), relatori la Dr.ssa Francesca Buonomo, Dirigente Medico responsabile della diagnostica avanzata ecografia di II° livello del IRRCS Burlo Garofalo, e il Prof. Stefano

Guerriero, ricercatore di livello internazionale e Direttore Diagnostica Ostetrico-Ginecologia del presidio ospedaliero: Duilio Casula – Azienda Ospedaliera- Università di Cagliari.

Per chi non avesse letto gli articoli che abbiamo pubblicato sull’endometriosi in collaborazione con la Dr.ssa Sonia Manente, in questo periodo, riporterò brevemente una sintesi della patologia spiegando il concetto di endometriosi profonda DIE necessario a introdurre l’importanza dell’ecografia di II° livello nella la sua identificazione.

 

Ecografia di base  ed ecografia di II° livello

In un’ecografia di base si possono valutare: l’utero, con lo studio delle dimensioni del corpo del collo e della morfologia dei tessuti che lo costituiscono (valutazione del miometrio ed endometrio), e le due ovaie nelle tre dimensioni, nella morfologia, ricercando la eventuale presenza di patologie (es. presenza di cisti). 

In un’ecografia più avanzata di II° livello, oltre a questi dati si valuta in toto la pelvi (che è la cavità dell’addome inferiore che ospita non solo l’apparato ginecologico ma pure parte dell’intestino e la parte bassa delle vie urinarie e le strutture connettivali di sostegno) e la parte alta dell’addome in relazione ai sintomi riferiti della paziente. 

Questo tipo di ecografia permette di avere una visione di insieme a 360°, ed ha la finalità di individuare le localizzazioni e l’estensione delle sedi di patologia.

 

Lo specialista dell’ecografia di II° livello

L’analisi ecografica per l’endometriosi è un’analisi complessa e operatore dipendente come qualsiasi tecnica di imaging. Il passaggio da una diagnosi di I° livello ad una di II° livello è fondamentale per mettere in atto una diagnosi differenziale che attribuisca un corretto bilancio del livello di estensione della patologia, al fine di determinare il trattamento più opportuno, fondamentale nella gestione di questo tipo di patologia.

Il motivo per il quale, in tutti questi anni, c’è stata una grossa difficoltà nell’omogeneizzarsi nella descrizione e nello studio di questa patologia è che, da un lato, la popolazione femminile che ne soffre presenta sintomi estremamente eterogenei sia come tipologia, sia come epoca di comparsa dei sintomi; ma soprattutto nell’ambito della comunità medico-scientifica non vi era uniformità di lettura e di descrizione della patologia e pertanto venivano a mancare le definizioni standardizzate nella classificazione ecografica della diagnosi d’endometriosi profonda DIE (Deep Infiltrating Endometriosis). Questa carenza di uniformità nella classificazione della posizione anatomica e dell’estensione della malattia ha contribuito alla notevole variazione dell’accuratezza diagnostica riportata dall’ecografia nella diagnosi per l’endometriosi, contribuendo a rallentare quella che è stata l’evoluzione sia in termini di sviluppo diagnostico che terapeutico.

Il Prof. Stefano Guerriero ha avuto il merito, insieme ad altri colleghi provenienti da tutto il mondo e riconosciuti come autorità in questo ambito a livello internazionale, di definire la modalità di esecuzione dell’ecografia per l’endometriosi attraverso lo sviluppo di una terminologia standardizzata e unica con definizioni chiare e precise al fine di definire quella che può essere considerata “una refertazione corretta”.

Protocollo di Linee guida

Si è giunti pertanto ad un protocollo di linee guida IDEA (International Deep Endometriosis Analysis), approvate dal Consensus Opinion Internazionale composto da illustri professionisti e ricercatori di tutto il mondo con differenti esperienze a livello clinico, ecografico e chirurgico. La successiva pubblicazione nel 2016 ha avuto più di 250 citazioni che ne hanno permesso la diffusione a livello mondiale in tutti i continenti e non solo a livello scientifico ma anche e soprattutto a livello clinico nell’ambito della buona pratica clinica quotidiana.

Afferma il prof Guerriero: “Questa ricerca ha sicuramente determinato un cambio epocale nella determinazione dell’analisi per l’identificazione e lo studio dell’endometriosi, e ci si augura che nel tempo diventi una prassi in tutti i paesi e gli ospedali ed aiuti a ridurre questo ritardo diagnostico, dovuto anche ad una mancanza di standardizzazione di criteri di valutazione e diagnostica univoci”.

Come descrive la Dr.ssa Buonomo, il Consensus IDEA, che è un approccio sistematico alla diagnosi ecografica, ha standardizzato i parametri da considerare attraverso la nomenclatura, elemento indispensabile per effettuare le diagnosi, suddividendola in: descrizione morfologica; misure (D1, D2, D3); localizzazione anatomica; estensione o gradi di infiltrazione; numero delle lesioni.

La procedura ecografica prevede l’adozione di 4 step:

  • Valutazione routinaria dell’utero e degli annessi (ricerca dell’adenomiosi, presenza o assenza di endometriomi) che rappresenta l’ecografia di I° livello. Quindi, da parte di chi effettua l’ecografia ci deve essere la capacità di riconoscere questi segni per iniziare a sospettare la patologia
  • Ricerca dei “soft markers ecografici” e studio della mobilità ovarica e dolorabilità.
  • Valutazione dello sliding sign posteriore ovvero mobilità posteriore dell’utero.
  • Il quarto step è il più complesso ed effettuato solo da operatori ecografici esperti perché si vanno a ricercare le localizzazioni superficiali e profonde di patologia (noduli, fibrosi etc. di endometriosi) a carico di tutta la pelvi.

Quindi i primi passaggi sono utili ad operatori ecografici non dedicati per sospettare la presenza di endometriosi ed inviare la paziente ad operatori più specializzati che effettuano il quarto step. “Sicuramente avere una strumentazione di qualità aiuta ma, il profondo cambiamento è stato sulla modalità di esecuzione dell’ecografia che è diventata dinamica, imitando nella prassi quello che avviene durante una visita ginecologica in cui vengono mossi gli organi pelvici. – spiega il Prof. GuerrieroL’utilizzo di certi artifici e modalità di esecuzione stanno aggiungendo tantissime informazioni, cambiando in modo fondamentale la gestione della paziente con il dolore di tipo pelvico cronico. Vedere semplicemente l’utero e gli annessi in un I° livello, sta cominciando a non essere più sufficiente”.

“L’apparecchiatura è certamente importante- afferma la Dr.ssa Buonomo– ma, non è determinante.

È fondamentale invece, che gli operatori che eseguono le ecografie acquisiscano maggiori competenze attraverso corsi e assistenza didattica da parte di personale più esperto. 

Deve cambiare l’atteggiamento culturale nei confronti dell’approccio ecografico per sapere esattamente come fare l’ecografia. Di questo ne stanno parlando, da diversi anni, le diverse società scientifiche nazionali ed internazionali, che auspicano che, nell’ambito del training della formazione, nella scuola di specialità di ostetricia e ginecologia vengano, per ciò che concerne l’esame ecografico ginecologico, introdotti fin dal primo anno, degli step di didattica sia teorica che clinica con tutor esperti e dedicati che riguardino inizialmente la studio della metodica, delle linee guida, dei quadri di normalità, fino ad arrivare alle diagnosi più fini e difficoltose nell’ambito oncologico e appunto della patologia endometriosica. “ l’integrazione di questo curriculum di formazione e di questi strumenti di valutazione delle competenze dovrebbe promuovere la coerenza nella formazione e nella valutazione delle competenze e quindi migliorare le prestazioni e l’accuratezza diagnostica dell’esame ecografico in ostetricia e ginecologia…”

Come afferma il Prof. Ricci C’è bisogno di una rivoluzione culturale, bisogna cambiare l’approccio metodologico a questi problemi. Un ginecologo, per quanto bravo, non si può improvvisare esperto ecografista di endometriosi, tuttavia, deve avere una base che gli consenta di indirizzare successivamente a specialisti esperti i casi che diagnostica e quelli che sospetta.

Però se non lavoriamo proprio sulla base e sulla cultura dell’endometriosi non riusciremo a progredire. Vedo che negli ultimi anni si è fatto molto, non si tratta soltanto di vedere utero e ovaie ma si tratta di inserire tutta una serie di valutazioni, di cui ha parlato in parte la dott.ssa Buonomo, che ogni ginecologo dovrebbe conoscere almeno ad un livello base. La diagnosi finale non gli si richiede ma gli si chiede di indentificare quei casi che necessitano di una seconda valutazione”.

“Rispetto alle cause che determinano il dolore pelvico spesso è mancato un approccio sistematico. – afferma il prof. Guerriero– . Se una donna non riesce ad avere figli, più o meno in Italia e nel mondo, si ha un percorso delineato. Sul dolore pelvico purtroppo questo percorso è molto più incerto, un po’ perché le donne rimangono a casa soffrendo ogni mestruazione pensando che sia una cosa normale, un po’ perché molti ginecologici di fronte a questi casi non pensano che ci possano essere problemi di endometriosi e quindi non approfondiscono. Un altro problema è quello di riuscire a sensibilizzare le donne giovani e non a non sottovalutare questi dolori, cambiando l’approccio culturale al problema e facendosi vedere dal ginecologo. Purtroppo, questa mancanza di informazione è determinata dal fatto che continua ad essere un tema poco dibattuto e poco comunicato anche dalle aziende farmaceutiche. In questo mese dedicato all’endometriosi non ci sono state né molte campagne né organi di stampa che sensibilizzassero sul tema. Basterebbe che ci fossero delle pubblicità progresso che iniziassero a toccare il tema”.

Siamo purtroppo in un paese in cui si investe poco nella prevenzione e si preferisce passare alla cura, con tutti i costi triplicati in termini economici e le conseguenze sulla salute e la psiche del malato che ne derivano”, conclude il prof. Ricci.

Case History specialisti di II° livello

Di seguito dei dati sulle localizzazioni dell’endometriosi raccolti dalla Dr.ssa Buonomo in base all’effettuazione di ecografie su moltissimi casi:

  • L’ovaio è la sede generalmente più frequente, con diverse manifestazioni nelle immagini ecografiche, in cui la sensibilità nel rilevarle e fare diagnosi è molto alta di circa un 81 per cento.
  • L’adenomiosi ha una discreta sensibilità e specificità con l’ecografia bidimensionale di circa l’80 per cento, migliorata ulteriormente con l’utilizzo della tridimensionalità dell’immagine che raggiunge circa il 90 per cento

Riguardo all’endometriosi profonda (DIE):

Comparto anteriore, interessato nel 3-6 per cento dei casi: La vescica è la sede più frequentemente interessata con una sensibilità e specificità di rilevazione molto alta (85 per cento dei casi) ; in misura inferiore il setto vescico-vagino/uterino, i fornici vaginali e la vagina. Anche l’uretere non viene coinvolto frequentemente, ma il suo studio è importate: il suo decorso addominale è più difficile da diagnosticare rispetto alla parte pelvica dove l’ecografia transvaginale lo rileva molto bene; una mancata diagnosi può portare al “rene escluso”, un danno d’organo irreversibile che si cronicizza nell’arco degli anni ma con una manifestazione totalmente asintomatica. Questo è il motivo per cui molto spesso gli ecografisti che si dedicano all’endometriosi si soffermano allo studio dei reni e consigliano monitoraggi ecografici nel tempo alle donne affette.

Comparto posteriore: interessato nel 59 per cento dei casi

  • vagina: fornici laterali e posteriori: 14,5 per cento.
  • Area retrocervicale: 69,2 per cento
  • Setto rettovaginale, obliterazione del Douglas; retto-sigma: 37 per cento, di cui il 95 per cento dei casi si verifica nel retto

In base a pubblicazioni presentate dalla Dr.ssa Buonomo durante l’incontro, un’ecografia di I° livello che si sofferma e definisce ovaie come “normali” può facilmente misconoscere la presenza di endometriosi. 

E’stato dimostrato in questi casi che una donna su quattro aveva un’endometriosi profonda.

Questi dati dovrebbero incoraggiare la diffusione delle conoscenze e delle competenze per migliorare la diagnosi di “imaging” non invasiva. Nelle pazienti con sintomi o segni suggestivi di endometriosi, un’ecografia di I° livello che conclude solo con una ricerca di endometriosi ovarica non deve essere considerata rassicurante. Da dati statici la percentuale di presenza di endometriosi, laddove l’ovaio è normale, è molto alta.

L’endometriosi è una patologia benigna è come tale viene spesso sottovalutata, nonostante, influenzi molto negativamente la qualità della vita delle donne affette. In tal senso molti medici ritengono, tra i quali il Prof. Guerriero, il Prof. Ricci e la Dr.ssa Buonomo, che debba esserci un cambio di mentalità nel campo dell’endometriosi, auspicando che l’assistenza ai pazienti rispecchi quella con pazienti affetti da patologia oncologica ginecologica, attraverso il riconoscimento di “sotto specialità”.

Dall’istituzione dell’oncologia ginecologica come sotto specialità, i risultati per le pazienti con cancro ovarico sono migliorati, attraverso la cura gestita da un gruppo multidisciplinare in unità specializzate. Nonostante la marcata differenza nell’obiettivo del trattamento primario tra queste due condizioni, le due patologie condividono sfide diagnostiche e terapeutiche comuni. La gestione dell’assistenza da parte di un gruppo multidisciplinare di professionisti sanitari dedicati e specializzati porterà a risultati migliori, inclusa una migliore qualità di vita, per le donne che convivono con questa patologia.

Fondatore delle Linee guida della diagnosi ecografica dell’endometriosi

Il Prof. Stefano Guerriero dell’Università degli Studi di Cagliari è uno dei maggiori esperti mondiali della diagnosi ecografica dell’endometriosi CNEC (Centro Nazionale per l’eccellenza clinica la qualità e la sicurezza delle cure). Nel 2016, insieme a un gruppo di medici di tutto il mondo, ha scritto le linee guida dell’International Society of Ultrasound in Obstetrics and Gynecology (IUSOG) sulla diagnosi dell’endometriosi profonda. Nell’anno 2005 il Prof.Stefano Guerriero è entrato a far parte del International Ovarian Tumour Analysis (IOTA) group Phase II, un gruppo internazionale di studiosi, che raccoglie le eccellenze in questo campo ove si indagano le possibilità diagnostiche dell’ecografia utilizzando modelli elaborati per mezzo del computer. Attualmente, con tale gruppo, è coinvolto in uno studio multicentrico sulla caratterizzazione preoperatoria dei tumori ovarici basata su modelli di intelligenza artificiale. Anche l’IRCCS Burlo Garofolo di Trieste con la dott.ssa Francesca Buonomo come responsabile fa parte del gruppo di studi IOTA dal 2013 e condivide i risultati gli studi in corso. Da citare tra questi la recente pubblicazione del gruppo IOTA sull’illustre rivista “Lancet Oncology” che descrive i risultati preliminari del trattamento conservativo delle cisti ovariche (studio IOTA 5) ed introduce un concetto fondamentale sulla fattibilità di un follow-up ecografico seriato nel tempo (da parte di un operatore esperto) a fronte di una chirurgia non sempre necessaria in presenza di patologia ovarica che nell’80% dei casi circa è di tipo benigno e pertanto non necessariamente da trattare chirurgicamente.